LE ETEREE SPERANZE
Io son solo e tu lo sai:
in questa isterica piazza
tra quest’anonima folla
mi perdo
Ma scopro la tua effigie in ogni luogo
fulgido è il tuo corpo che mi attrae
nei regni di eros
dove brama fa rima con dolcezza
siccome della mano una carezza
tua, mi accalora
Rinasce, ancora, il mito dell’amore
e calco di nuovo le scene
che fanno di me un divo dell’agone
una star della televisione
Non sei tu che amo, cara
ma questa mia eterea esistenza
LA MIA MALATTIA
Sono uno come tanti, io
spettatore dell’avida era
o meglio comparsa
attore aspirante
di telenovela
Di estreme avventure
di viaggi e lussurie
la mente ho ammalato
e l’occhio accecato
che indaga l’altrui opulenza
invidia, invidia
senza coscienza
Dall’etere arriva
un comandamento
che invita la vita a cambiare
un mitragliamento:
“CORRETE
POTETE
TUTTO
COMPRARE”
ma io resto assorto a fissare il mio niente
e a niente mi serve quest’oggi
la spina staccare
IN FONDO AI MIEI GIORNI
In fondo ai miei giorni ci sei solo tu
cara solitudine
poiché dei giorni miei sto perdendo il sapore
e questo spiegarmi non so
né posso cambiare
Mi resti solo tu:
attutisci ogni rumore
che proviene dall’esterno
e mi dici di star dentro
come il medico all’infermo
Dai vetri illuminati
il sole ancor irrompe
in tutto il suo splendore
ma in fondo agli occhi miei
non filtra più calore
In fondo agli occhi miei
seccati nell’attesa
vince ormai una resa
senza condizione
La vita in fondo muore
con l’accettazione
CARA SOLITUDINE
Che bello, ora che mi trovo
a casa, libero e da solo
passeggiare tra stanze e corridoi
senza mai fermarmi
ai “se” e ai “poi”
Pare il dischiudersi di un sogno
ora
sembra realizzarsi un’illusione:
questa vita, avulsa dal bisogno
pare insaporare
la mia disperazione
A PIERO
Che beffa, dottor “So Tutto”
partire di già
tu che il dito puntavi sugli altri
dispensavi le tue verità
ed eri perfetto: non trovo difetto
nei proclami che al vento lanciavi
su amore libero e sincerità
Mi suole tornare alla mente
ciò che tu eri: un vincente
se è vero che a soli trent’anni
della plebe già eri tribuno
e del tennis un numero uno
almeno per me, tennista sfiatato
Insomma sembravi baciato
dal fato e lo eri davvero
non fosse per quell’incidente
(diranno al tuo ambiente: un saccente di meno)
Scherzo! Ciò nondimeno
mai distrarsi col vento a favore…
Io ricordo con tutto il sudore
dell’orgasmo del gioco-partita
la tua fretta spietata di vincere
e di vivere, una corsa fatale
VALENTINA
Sapessi quanto mi attrae
quel tuo modo, Valentina, di stare al mondo
forse oltraggioso, certo infecondo
ma così adulto, così raramente coraggioso
E chi dice che non ti rispetti
che la vita in tal modo tu getti
mente, Valentina, o non sente
che non in te ma alla gente
non credesti
Mi dicesti: anch’io posso amare
e queste parole non scorderò…
Sbaglierò, Valentina
ma nel tuo modo di essere al mondo
ove il turpe riceve dolcezza
nel tuo modo di scendere al fondo
ove al tempo non cede l’ebbrezza
a me viene fatto di scorgere
un miracolo di purezza
NOI, UOMINI DI SOLITUDINE
Noi, uomini di solitudine
passiamo con mesta inquietudine
per una strada di luci ammiccanti
che non sosteniamo
giacché ne soffriamo
al punto che infine sostiamo
là dove è più scuro il cammino
La vita che gli altri si adopra
noi la viviamo riflessa:
con occhi sottesi
e voce sommessa
assistiamo irrequieti alla ressa
di cui consta l’umana commedia
che non recitiamo
giacché ne soffriamo
al punto che attori non siamo
ma inguaribili spettatori
E mentre la luce ci morde
la notte declina e demorde
gli aneliti di una realtà
che resta per noi
velleità
Noi, uomini di solitudine
scontiamo la necessità di una grama esistenza:
sarà una tale certezza
a fare la nostra salvezza
e quel che la vita ci renda
un’ebbrezza stupenda
SCENDE LA SERA
Stacco il mio lavoro quotidiano
fiacco come un giovane non deve
e infetto la mente di aride nozioni
e aspetto che scenda la sera
Fuori c’è un auto che corre
sbircio per curiosità:
dentro una coppia rincorre
la notte, le sue voluttà
Acido guardo la tele
e mastico rancido e fiele
mi sento frenato e compresso
ma solo, sto bene lo stesso
LO SCHERMO, LA NOTTE E I TELERIMPIANTI
Stamane, malgrado faccia freddo
mi pare col pensiero di avvampare
in spiagge lontane
dove io sono in coma su una sdraio
disteso a prendere il sole
con accanto una bionda in perizoma
che mi guarda, e mi sta ammiccando…
Ahiahi, Mario, stamane
si direbbe tu stia telesognando
E a sera, guidando verso casa
mi scopro con il piede a tavoletta
a insultare come sempre la mia vita
che mi pare per un genio troppo stretta:
debordare si deve esagerare
della vita penetrare l’essenza…
Accorto, Mario, stasera
frena in tempo la tua telecoscienza
È notte; sto lungo sul divano
e in mano impugno il mio telecomando:
l’azione si sviluppa sulla destra
il pallone s’insacca…. GOAL
un grido corale
lo stadio che sale
io cambio canale…
…una strada che taglia l’America
mi accende la voglia di partire
di prati e mulini
di sabbia e piramidi
di oceani e navigli
di lunghi sbadigli, poi
che il letto mi parano davanti…
Ahimé, Mario, stanotte
dormirai coi tuoi telerimpianti
L’UOMO DELLA FOLLA
L’uomo della folla
cammina
a passi brevi
ritmati
misurati
farneticanti
i pensieri
terreni
come un vizio
che egli recita sazio
E impreca sul Paradiso:
l’uomo della folla non crede
in ciò che non vede
l’uomo della folla ha perduto ogni fede
la strada è un’isterica festa
prosegue
barcolla
strattona
insegue
protegge le tasche sue gonfie
piena è la pancia
vuota è la testa
Non sappiamo dove terminerà
quel suo viaggio
sospinto com’è da un miraggio
brado, di civiltà